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Il lavoro nasce da esigenze e motivazioni personali, che ci hanno portato ad una lunga e costante mappatura del paesaggio leonardesco, in particolar modo acque, canali, il fiume Adda e i luoghi che hanno ospitato l’artista nella sua permanenza in terra sforzesca.

Un percorso di ricerca, di suggestioni e stimoli artistici volti a testimoniare, attraverso immagini, le osservazioni e gli studi di Leonardo mettendo in luce il forte legame tra natura, arte e fotografia come strumento per generare conoscenza del territorio dell’Adda.

Inizio del nostro lavoro è stata una ricerca bibliografica che ci ha permesso di accostarci ad alcuni testi provenienti da diversi codici fra i quali il codice Leicester, Atlantico, Windsor, Arundel solo per citarne alcuni, fra le cui pagine Leonardo aveva raccolto le sue osservazioni e studi sull’acqua: pioggia e vortici; onde e nebbie; fiumi, canali, ponti e molti altri.

Partendo da alcuni titoli di libri leonardeschi su specifici argomenti relativi all’acqua, ci siamo spinti a trasporre in immagini fotografiche le emozioni, le fantasie, le suggestioni, le personali interpretazioni artistiche ed evocative che questi testi ci hanno trasmesso.
Sulla scia di questo approccio lavorativo è cominciato il nostro “gioco” di osservazione sulle acque facendoci condurre dal pensiero dell’artista a tal punto da immaginare infiniti titoli di libri che Leonardo avrebbe potuto scrivere sull’argomento; così è nato un intreccio ed un accostamento di titoli dell’artista con i nostri.

Abbiamo risalito e inseguito il fiume durante l'arco di tutte le stagioni, da Lecco a Truccazzano,  accompagnati dal pensiero del Genio che studiava l'acqua e i suoi movimenti; gli occhi di Leonardo sono diventati i nostri seguendo passo passo le orme che lo hanno portato a creare grandi opere perfettamente incastonate nel paesaggio circostante.

L'Adda: calmo, forte, furioso, immobile, foriero di grandi idee e innovazioni tecnologiche, ma anche rifugio e amico per far volare il pensiero leonardesco. E il nostro.

Può l’acqua conservare e trasmettere la memoria di chi l’ha osservata e studiata con tanta   passione?

A noi piace pensare di sì.

Massimo Grassi
Stefano Pedrelli

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